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E’ morto Tonino Angelillo, maestro di fotografia

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DI MAURIZIO ANGELILLO

Saltò fuori dal carrello delle robe sporche e scattò la foto alla spia dell’Est ricoverata nell’ospedale Miulli di Acquaviva. E’ solo uno dei racconti di Tonino e non so neanche se la ricordo bene. Mi rimase impresso la trovata del carrello di robe sporche. Lui che si nasconde tra le lenzuola puzzolenti, l’operatore che entra nel reparto dell’ospedale, lui che schizza fuori scatta e scappa a stampare la foto.

Tonino Angelillo era un reporter d’altri tempi.  La notizia prima di tutto, quel giornalismo oggi impossibile a farsi perché violeresti tutte le regole. Di tetto in tetto volò per entrare per primo, prima dei carabinieri, in una casa dove una ragazzina era incatenata. Ma non viveva di sola cronaca. Scattava e sviluppava foto. Iniziò uno studio sui Mascheroni, le immagini di volti arrabbiati o mostruosi scolpite sui portoni delle vecchie case. Anche in questo caso fece peripezie e acrobazie per raggiungerle a qualsiasi altezza e riprenderle frontalmente. Fu una sfida per cogliere tutti i particolari.

Tutto archiviato nel suo studio in via Giuseppe Del Re. Poteva trattenerti ore e ore a raccontare le sue storie, fumando una sigaretta dopo l’altra. E ti trasmetteva la passione per la fotografia, ti spiegava tutto, l’apertura del diaframma, il tipo di obiettivo, combinazioni e alchimie che rendono esclusiva una foto anche se il soggetto è lo stesso ripreso da mani diverse, ma qui sta la differenza: il fotografo la realtà la legge, la manipola, la illumina con i suoi occhi, con la sua luce e così la foto diventa non un meccanico ritratto, ma arte.

Ma Tonino il Fotografo non era solo fotografo. Era anche un allevatore di cani. Li amava, te li presentava uno per uno come fossero persone e ne descriveva il carattere. Partecipava anche ai concorsi, portava i suoi esemplari migliori, tutti tranne Ringo, un pastore tedesco enorme, un gigante, non era riuscito a modificargli la linea del garrese, era fuori standard, ma tra i due c’era una intesa pazzesca, si parlavano con lo sguardo. Gli andò male invece con una capretta indiana: “E’ dispettosa, me ne sta facendo di tutti i colori, mi ha aperto pure le gabbie dei cani!”.



L’ho incontrato qualche giorno fa dinanzi a un piccolo negozio di piante, in una traversa di via Giuseppe del Re. E ho scoperto l’altra sua passione: “E’ piu’ forte di me!”, mi disse. Realizzava vasi e vi sistemava le piante. Negli ultimi giorni sono passato più volte da quella stradina, ma ho sempre trovato la porta chiusa. Di solito quando si allontanava dallo studio fotografico lasciava sempre la porta aperta. E noi, giovani giornalisti di Gioia del Colle, lo cercavamo in lungo e in largo perché volevamo con urgenza le foto (ce le dava gratis) da pubblicare sui giornali locali che stampavamo nella tipografia vicina, la tipografia Lino Gioia di Franco Giura.

Questa volta Tonino è uscito per sempre e chissà che non stia già facendo un giornale con Franco.

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