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Alla sede Lum di Gioia Le storie che curano

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Un appiattimento culturale caratterizza oggi l’approccio dell’Italia verso il fenomeno dell’immigrazione. Occorre delocalizzare  il nostro pensiero, mutare il linguaggio. Passare dal  concetto del “vu cumprá” a quello del “vu pensà”. Serve un progetto che si sviluppi  dapprima con il coinvolgimento essenziale di tre figure professionali: psicologo, interprete e mediatore culturale per concludersi con un adeguato orientamento legale.

Questi alcuni dei temi affrontati il 20 e 21 ottobre a Gioia del Colle, nella sede della Lum, dove ha avuto luogo la terza edizione delle “Storie che curano” una rassegna incentrata sulla tutela della salute degli immigrati. Promossa dall’Unità operativa per la Formazione dell’Asl BA in collaborazione con il  Centro Interculturale “Incontrarsi  a…sud” e dal servizio operativo  dell’Ambito Territoriale Sociale dei Comuni di Gioia del Colle, Casamassima, Sammichele e Turi affidato alla cooperativa sociale CSISE.

La kermesse, che ha visto una larga partecipazione di operatori socio-sanitari,  è stata moderata dal  Dott.  Edoardo Altomare, responsabile scientifico dell’AslBA.  In apertura dei lavori l’intervento del sindaco gioiese, Dott. Donato Lucilla, che  ha posto in evidenza quanto ancora ci sia da fare in tema di integrazione e di come  Gioia,  tra tante difficoltà, abbia fatto sinora  la sua parte. In merito ha eidenziato l’attività dell’associazione “Coordinamento accoglienza responsabile” che assiste un piccolo gruppo di immigrati.  Al primo cittadino abbiamo chiesto come la sua amministrazione  intende  favorire l’inserimento nel mondo del lavoro di coloro che ottengono il riconoscimento della protezione internazionale: «La domanda di lavoro in questo momento è  scarsissima, però il comune si sta adoperando per l’attuazione di progetti di informazione e formazione che possano favorire l’inserimento degli interessati  in programmi ministeriali specifici».

La prima giornata è proseguita con l’intervento del Dott. Domenico Coppi, sindaco di Turi. «L’immigrazione è’ un fatto culturale, ha precisato,  che affrontiamo da oltre 15 anni».  In proposito,  per ricordare quanti hanno lasciato la propria terra in cerca di fortuna, ha citato il caso dell’attuale vicepresidente dell’aeroporto di Toronto,  originario di Turi. Nel solco di questa realtà è stata individuata nel  23 agosto la giornata dell’emigrazione, che vuole rappresentare un’iniziativa inclusiva.  Ha altresì raccontato le difficoltà che incontra  durante la campagna della raccolta delle ciliegie, attività che attira un nutrito numero di lavoratori stagionali extracomunitari. Una vera emergenza che ha potuto affrontare grazie alla collaborazione della Protezione civile, le forze dell’ordine e la sensibilità dei medici di base. Ha concluso auspicando per il futuro una maggiore cura verso i lavoratori stagionali da parte dell’Asl e dell’Ambito territoriale sociale.

Di rilievo l’intervento di Oliviero Forte, Responsabile dell’Ufficio immigrazione della Caritas italiana: «L’immigrazione costituisce un problema  fondamentale  ci sentiamo responsabili del problema e ci adoperiamo per ridurne le dimensioni». Cita il Progetto Presidio che si occupa di assistenza legale e sanitaria, contraltare  all’assenza di politiche di integrazione.  Ha offerto un excursus  sui flussi migratori internazionali indicando in quello che va dal Messico verso gli Usa il più rilevante. Per quanto riguarda più da vicino l’Italia, la situazione si è complicata con l’implosione del conflitto siriano e  siamo ancora alla ricerca di una politica migratoria europea lungimirante e globale, fondata sulla solidarietà.  Tanto complessa è la convivenza tra persone appartenenti a diverse etnie, che non sta certo nell’elevazione dei muri e nello stendere chilometri di filo spinato  la soluzione del problema.

Il collegamento con Pietro Bartòlo da Lampedusa è stato il momento più emozionante.  Medico in prima linea, protagonista di interventi sanitari disperati, alla domanda di come si sentisse per il lavoro sinora svolto sull’isola ha risposto: «Orgoglioso di essere Lampedusano e Italiano».  Ha aggiunto quanto  siano sempre più le donne a pagare il prezzo più alto di una traversata, abusate prima e deturpate poi a causa dei naufragi e degli incendi che si sprigionano a bordo dei gommoni.  Nella prima fase di accoglienza la maggiore difficoltà è quella dell’identificazione.  Sempre maggiore  è il numero degli immigrati che non ha alcuna intenzione di rimanere in Italia,  le loro mete sono i Paesi scandinavi, Francia e Germania.

E’ toccato poi a Federico Faloppa e Guido Barbujani, coautori del libro intitolato “Contro il razzismo”.  Nei loro interventi hanno puntato il dito su una certa stampa, colpevole di non aver avuto sempre un atteggiamento corretto sul fenomeno migratorio. «Toni esasperati e provocatori che in Gran Bretagna hanno di sicuro favorito la Brexit» ha precisato  Faloppa,  docente di linguistica italiana nel Department of Modern Languages dell’Università di Reading.

Barbujani, docente di genetica all’Università di Ferrara, che ha posto in risalto come ancora oggi negli Usa esista una medicina razziale che si contrappone  all’integrazione.  Hanno concluso con l’invito a sviluppare un’idea che parta proprio da Gioia: «Occorre un progetto linguistico nuovo» attraverso il quale facilitare il dialogo dell’immigrato traumatizzato con il medico. L’idea non può prescindere dalla sinergia di tre figure professionali: psicologo, interprete e mediatore culturale.

Venerdì poi,  si è parlato del Progetto SPRAR (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati) , che rappresenta il  passo successivo al CAS  durante il quale si aprono prospettive occupazionali e alloggiative per chi ottiene lo status di rifugiato. Poi ci si  è  occupati dei minori non accompagnati, la Puglia rappresenta la quarta regione per accoglienza dopo Sicilia, Lazio e Campania. Chi sono questi minori? Si tratta spesso del primogenito che viene inviato in Europa per aiutare la famiglia. Ambiscono a raggiungere la Svezia, passando per l’Italia e la Spagna. Il 50 per cento di loro ha un’età compresa tre 15 e 17 anni.

Il dispositivo normativo prevede per loro gli stessi diritti dei coetanei italiani. Ma il 70 per cento cerca di sfuggire ad ogni forma di assistenza e tutela per dedicarsi  alla ricerca di quelle risorse da inviare alle famiglie. Il rischio di finire nelle grinfie di organizzazioni malavitose  è molto alto e il loro sfruttamento una naturale conseguenza. Ma come aiutarli? Per Lea Vergatti, psicologa,  occorre: “ creare un “setting relazionale” gestito da adulti competenti, occorre un orientamento legale, una stabilità relazionale”.

Sempre incentrato sui minori, l’intervento di Rosy Paparella, Garante per l’infanzia e l’adolescenza  della Regione Puglia, che ha puntato il dito sulla presenza di minori nei Cara. Un fenomeno ancora oggi diffuso e causato dal mancato riconoscimento della minore età. Per questo in una recente Conferenza Stato/Regione si è deciso di creare una unità pluridisciplinare composta da: pediatra, psicologo e mediatore culturale che verifichino lo sviluppo della personalità del minore per attribuire una verosimile  età e non essere più vincolati alla radiografia palmare.

Un fuori onda è stato Mohamed Ba, 54 anni, regista, attore teatrale e mediatore culturale senegalese da 16 anni immigrato in Brianza,  punto di riferimento per molti, noto all’opinione pubblica per essere stato, nel 2009, vittima di  un’aggressione razzista a Milano, quando uno sconosciuto l’ha accoltellato. Gli abbiamo chiesto quanto  influisce nell’azione di integrazione l’appartenere ad una fede diversa rispetto a quella cattolica e quali difficoltà ha incontrato, lui che è musulmano: “Io penso che l’uomo se è stato educato a camminare accanto all’altro rispettandone le specificità, allora non avrà mai un problema  a capire le ragioni profonde dell’altro anche se non le sposa in toto”.

La settimana delle “Storie che curano” si è conclusa sabato con la serata di dialogo con una partita di calcetto, musica e balli, organizzata dal “Coordinamento accoglienza responsabile” per favorire  l’integrazione degli ospiti del locale CAS.

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