La scoperta di un nuovo biomarker è alla base della ricerca scientifica condotta dal prof. Giuseppe Procino insieme ai suoi colleghi del dipartimento di Bioscienze, Biotecnologie e Biofarmaceutica dell’Università di Bari e il Dipartimento di Emergenza e Trapianto di Organi del Policlinico di Bari e che sarà pubblicata sulla rivista scientifica internazionale Cells (Leggi qui l’articolo). La rivista pubblica articoli scientifici sottoposti al metodo di valutazione tra pari (peer review): si invia l’articolo e viene sottoposto e giudicato da esperti internazionali del settore coperti da anonimato.
Si tratta di una scoperta che potrà garantire una qualità di vita ai pazienti che si sottopongono a dialisi peritoneale, una tecnica di dialisi già in uso presso il Policlinico di Bari per il trattamento di pazienti con insufficienza renale cronica.
A differenza dell’emodialisi in cui il malato è costretto a rimanere collegato alla macchina dialitica per purificare il sangue, con questa tecnica, il paziente, una volta istruito può gestire a casa e in piena autonomia il trattamento di purificazione eliminazione dalle tossine e di drenaggio dei liquidi che il rene non è in grado di eliminare.
“Abbiamo identificato un biomarker – racconta il professore di Gioia del Colle – non invasivo che può essere misurato nella soluzione dialitica immessa nella cavità peritoneale che poi verrà eliminata al termine della procedura, che è indicativo dell’efficienza con cui avviene il processo di dialisi nel paziente. Sarà quindi possibile seguire nel tempo la capacità del paziente di sostenere la dialisi e intervenire con adeguate terapie in caso di declino della stessa. Questo permetterà non solo di evitare controlli invasivi, come ripetute biopsie, ma di allungare la vita dialitica del malato”.
Insieme a Giuseppe Procino, che è il responsabile del progetto, i coautori del progetto sono due giovani ricercatori: Simone Corciulo, medico nefrologo del Policlinico e Celeste Nicoletti del Dipartimento universitario.
Questa scoperta potrebbe attrarre aziende farmaceutiche o biotec per produrre un kit diagnostico per utilizzare questo biomarker nella pratica clinica.
“Voi depositate i brevetti di queste scoperte?”, abbiamo chiesto al prof. Procino.
“Per molti sì. – ha risposto Procino – Dal 6 all’8 maggio sarò ad una fiera dei brevetti, “Innovagorà” al Museo Leonardo da Vinci di Milano dove su 400 brevetti della Università di Bari, ne sono stati scelti 4 ed uno è il mio. Si tratta del brevetto d’uso per una molecola, già utilizzata nell’uomo per il trattamento della vescica iperattiva e che noi abbiamo scoperto essere utile per curare una malattia genetica rara. Il vantaggio è che questa molecole è già in commercio e non ha effetti collaterali e quindi potrebbe presto rappresentare una cura per una malattia cosiddetta orfana, perché priva di cura. Questo progetto è stato finanziato dalla fondazione Telethon”.
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