“Questa è la storia di uno di loro anche lui nato per caso in Africa”, forse oggi avrebbe cantato così il mitico Adriano, dedicando il brano a quanti approdano sulle nostre coste fuggendo dal continente africano.
Sì, Moumoumi Aboubakary Touré, è uno di loro, nato in Costa d’Avorio 26 anni fa, di fede musulmana, residente a Gioia del Colle con alle spalle una storia fatta di sacrifici, di sfide e di speranze.
Tutto inizia nel 2014, quando decide di lasciare il suo Paese alla ricerca di fortuna. Frequentava il secondo anno della facoltà di giurisprudenza e militava nel movimento studentesco “Gorup Longe” che si batte per i diritti umani contro l’egemonia francese. Dapprima raggiunge la Tunisia e poi la Libia.
L’8 agosto si imbarca insieme a 90 disperati su un natante diretto in Italia. Il viaggio è duro con momenti difficili, ma la speranza non lo abbandona, anche perchè: «la fortuna aiuta gli audaci». E infatti, l’imbarcazione viene intercettata da una nave della Marina Militare italiana che presta loro soccorso e li porta a Taranto e di qui al CAS (Centro di Accoglienza Straordinaria) di Gioia del Colle.
Qui Touré conosce Giuseppe Procino dell’Arci che gli offre la possibilità di frequentare il corso di italiano. Nell’agosto del 2015 il CAS di Gioia viene chiuso e gli ospiti trasferiti a Poggiorsini, in un Agriturismo distante dal centro abitato. Dopo un breve periodo a Touré cominciano a mancare gli amici dell’Arci. Un bel giorno, grazie all’impegno di Don Vito Campanella, parroco di San Vito coadiuvato da Pasquale Redavid che intanto ha costituito l’associazione “Coordinamento accoglienza responsabile” , rinuncia alle tutele per i richiedenti asilo e torna a Gioia insieme ad altri sei compagni di avventura. E con loro viene accolto nella “Casa dell’ospitalità”, struttura che un concittadino ha messo loro a disposizione.
Inizia il procedimento per il riconoscimento della protezione internazionale e la Commissione esprime parere negativo. Tourè fa ricorso e viene nuovamente convocato. Anche questa volta esito negativo, viene invitato a studiare l’italiano e a trovarsi un lavoro. Non si scoraggia, studia e prova i test per l’ammissione alla Facoltà di Scienze Politiche, lo aiuta Gaia Redavid, già perchè lui non è venuto «a mangiare pane a tradimento» (vecchio detto dei miei nonni), vuole laurearsi, vuole un futuro migliore. Non passa molto che il suo desiderio di lavorare si avvera, grazie all’interessamento di Maidanis Prieto, socia di Accoglienza Responsabile, che lo presenta a Sergio Mastromarino, titolare della pizzeria all’Ombra del Castello. E’ fatta. Le sue qualità emergono subito e dopo un periodo di prova viene assunto.
Ma a Touré manca ancora qualcosa, il suggello al suo coraggio, alla sua ostinata volontà di non arrendersi, manca il SI della commissione per il riconoscimento della protezione internazionale. Lo scorso giugno ha solo ottenuto un temporaneo permesso di soggiorno semestrale. E’ un incubo che lo tormenta. Finalmente lunedì, 10 ottobre 2016, arriva la lieta novella, la II Sezione del Tribunale Civile di Bari gli ha riconosciuto la concessione di un permesso di soggiorno valido cinque anni. E’ felice ora, vede spalancarsi le porte dell’Università di Bari.
Nel sentirlo non si riescono a nasconder una nota di commozione: Touré quando avrai conseguito la laurea in Scienze Politiche cosa conti di fare?
«Penso di ritornare in Costa d’Avorio per difendere i diritti umani dei miei connazionali che lavorano nei campi in condizioni di sfruttamento nella raccolta di caffè e cacao».
Vuoi ringraziare qualcuno per quello che hai sinora raggiunto?
«Sì, la Marina Militare italiana che mi ha raccolto nelle acque del Mediterraneo, Pasquale Redavid e tutti i soci di Accoglienza Responsabile e lui, il mio Capo, Sergio Mastromarino per aver avuto fiducia in me».
Per Sergio Mastromarino, Touré rappresenta il maradona dei suoi collaboratori. «In lui ho visto la mia storia – sottolinea – mi ha da subito ben impressionato». Per questo ho voluto subito regolarizzarlo con un adeguata retribuzione. E ci svela un progetto: «Tourè, se lo vorrà, potrà seguire un corso per barman per essere impiegato nell’ Antica Caffetteria San Rocco di prossima apertura nella locale via Cavour».
Per Pasquale Redavid, presidente del Coordinamento Accoglienza Responsabile che gestisce la Casa dell’ospitalità, l’istituzione dell’Associazione è stata la risposta a un rapporto di amicizia instaurato con un gruppo di immigrati che non si è voluto troncare. «Andiamo avanti, ha precisato, senza alcun contributo da parte delle Istituzioni, ci sorregge la generosità della cittadinanza che ha imparato ad apprezzare gli ospiti, ha ereditato l’impegno profuso da Don Vito Campanella, promotore del progetto».
Protagonisti di questa storia, una delle tante che si ascoltano attraversando la penisola, sono la solidarietà, la generosità e l’altruismo, pilastri di quel sano volontariato di cui Gioia rappresenta una tangibile realtà.
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